Nel pieno di una processione a Livardi, frazione di San Paolo Bel Sito nel nolano, era il giugno del 2016, “abbandonò” i fedeli in processione e la statua della Madonna accortosi che i portantini, cambiando l’itinerario prestabilito, stavano portando la statua della Madonna a fare l’inchino sotto la casa del boss locale. Nei giorni successivi la notizia arrivò ben oltre i confini del cittadina campana. Ne parlarono tutti i media e il gesto fece molto rumore. Da allora per don Fernando Russo iniziò un momento di grande difficoltà ma anche di grande impegno civile non privo di solitudine e di sofferenza. Un impegno ricco di idee e di entusiasmo, di coraggio e lealtà, a capo della parrocchia di San Paolo Bel Sito, nel nolano, che si è composto anche di molte altre cose. La musica rap, per esempio, con la quale riesce a coinvolgere una comunità numerosa che si presta, non di rado, ad interpretare assieme a lui le canzoni che lui stesso scrive. Ecco la storia bella di un prete che non si ferma alla teoria e non si chiude nella dottrina.
di francesco de rosa
L’otto aprile 2019, Fernando Russo, giovane parroco a San Paolo Bel Sito, ridente cittadina a ridosso di Nola, non potette fare a meno di scrivere un post pubblico sul suo profilo facebook. Sembrò un bilancio, una liberazione ma anche un nuovo segmento d’esperienza coniugato e vissuto sotto il capitolo che porta il nome “lotta alla camorra e al potere della prepotenza”. Quel giorno scrisse: “Grazie infinite, Scappaticci Valerio, perché, anche senza l’ufficialità dell’assegnazione di una scorta, hai avvertito l’urgenza di proteggermi. Lo hai fatto notte e giorno, a tuo rischio e pericolo. Lo hai fatto per quelle minacce di morte che mi sono arrivate per lettera anonima e per tutte le altre, che mi sono giunte per via indiretta. Mi hai fatto sentire la presenza dello Stato, nei momenti più drammatici e in quelli di profonda solitudine. Hai continuato a starmi vicino, quando è calato il sipario… quando ho dovuto fare i conti con la vita di tutti i giorni, con i rimpianti, i se… e i ma. Hai continuato a starmi vicino, anche in mezzo al frastuono di tanti che hanno “dissentito” oppure hanno tentato di sminuire il mio gesto, facendolo passare per un colpo di testa, per un clamoroso tentativo di “ascesa alle sfere alte” o, peggio ancora, per esagerazione gratuita… Grazie a te e agli amici nel Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna… . So che farai bene anche nel luogo in cui andrai. Continuerò ad accompagnarti con la mia preghiera… Da oggi in avanti la mia vita è nelle mani di Dio”.
Andava via dai luoghi della Campania per una nuova destinazione di lavoro, come accade ad ogni valente uomo dell’Arma, Valerio Scappaticci che in tutta la vicenda che ha coinvolto, negli ultimi anni, suo malgrado, il giovane parroco di San Paolo Bel Sito, Fernando Russo, ha agito come e più di un “angelo custode”. Sono stati anni difficili vissuti, come ancora ora, in prima linea. Un’esperienza di testimonianza iniziata ben prima della più nota processione e del gesto “estremo” che Fernando Russo aveva deciso di fare. Quel giugno del 2016 i segnali erano già arrivati. San Paolo Bel Sito aveva il suo capoclan e questo era noto a tutti.
“La processione si ferma per l’ossequio al boss, i portantini fanno fare l’inchino alla statua della Madonna del Rosario davanti alla villa di Agostino Sangermano, in segno di devozione e riguardo” Così aveva scritto qualche giorno dopo l’articolo de “il Mattino”, Nello Trocchia su “il Fatto quotidiano” aveva così raccontato l’accadimento. La ricostruzione era chiara. “Il parroco, don Fernando Russo, e il maresciallo dei carabinieri, Antonio Squillante, hanno abbandonato il corteo religioso, prendendo le distanze da quel gesto disonorevole. (…) L’episodio avvenuto a Livardi, frazione del comune di San Paolo Bel Sito”.
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Il collega giornalista si chiedeva, come molti in quei giorni, che osservavano dall’esterno: “Chi è Agostino Sangermano, indicato come il boss al quale è stato riservato l’inchino? Cosa racconta il passato e il presente di San Paolo Bel Sito (Napoli), comune di circa 3 mila abitanti, per capire i fenomeni criminali?” E poi di seguito il passo e la narrazione del retroterra camorristico. “A San Paolo Bel Sito, a Nola e in tutto il territorio circostante, per anni, a comandare c’erano due fratelli Salvatore e Pasquale Russo, latitanti tra i trenta più pericolosi, allevati dal boss Carmine Alfieri. (…) E proprio San Paolo Bel Sito è stato sciolto due volte per infiltrazioni dei clan. Il primo scioglimento, ad inizio anni novanta, non era definibile come condizionamento, ma meglio come occupazione. Il concorso esterno in associazione politica, la camorra che piazzava i suoi amici. Era così, senza esagerazioni. In una conversazione intercettata, ad inizio anni novanta, il sindaco Luigi Riccio, condannato per i suoi rapporti con i clan, diceva a Francesco Alfieri, fratello del boss Carmine: “Voi siete il mio padrone”. Un nuovo scioglimento del comune è arrivato, anni dopo, nel 2002.
In questo contesto, il giovane parroco Fernando Russo, a San Paolo Belsito inizia il suo ministero sacerdotale guidando l’unica parrocchia di un comunità pervasa da tante storie belle ma anche, come tutto il territorio, dai mali di sempre che sono in queste regioni del sud. La processione del 2016 aveva solo reso, con il modo plateale dell’evento pubblico, il contrasto più forte e più stridente.
Un anno dopo erano arrivate arrivate altre minacce. Il 20 gennaio del 2017 ricorreva la Festa di San Sebastiano Martire che è patrono degli agenti e per le 18 a San Paolo Bel Sito alla Santa Messa officiata dal Parroco don Fernando Russo, fatto oggetto di pesanti intimidazioni, al città non stette ferma. Quel giorno la Messa divenne di fatto un modo per stringersi attorno al giovane parroco e far sentire la presenza di una comunità.
Da allora ad oggi, passando per il post dell’8 aprile con cui ringraziava il suo “angelo custode”, Fernando Russo ha messo insieme cose, temi, persone, passioni. Su tutte la musica ma anche il teatro e tanti altri momenti di aggregazione: una comunità che partecipa e si rende protagonista.
Con il sostegno della Curia che ha messo insieme il vescovo emerito Beniamino Depalma che mandò don Fernando Russo da queste parti quand’era “in carica” e l’attuale vescovo Francesco Marino. Il 2 marzo di quest’anno è stato presentato, anche con lui, persino il Cd del “parroco rapper”, come è stato soprannominato don Fernando Russo, con un singolo che ha avuto già, sul canale youtube, migliaia di visualizzazioni e che ha lo stesso titolo del Cd “Orrevuot”.
Nato a Napoli il 28 agosto 1974. Cresciuto non lontano da lì, a Sant’Anastasia, fino all’ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 2003 Fernando Russo fu nominato viceparroco a san pietro di Scafati fino al 2005. Parroco di Marchesa a Boscoreale dal 2005 al 2009 fu mandato a San Paolo Bel Sito nel 2010 e da allora ha coniugato assieme la Chiesa della militanza e quella dell’aggregazione, quella della comunità di fedeli che sanno fare argine ai mali endemici di questa terra e sanno percorrere con impegno i loro percorsi di fede. Del suo impegno, su un portale che si occupa di raccontare, capire e arginare la camorra ci piace sottolineare il coraggio e la credibilità dei suoi gesti. E, come da impegno preso in tanti altri modi, Fernando Russo non ha esitato un solo istante ad accogliere il nostro invito affinché entrasse nel comitato redazionale de “lacamorra.it” e della rivista cartacea ad esso collegata. Lo leggerete, con la sua rubrica ed i suoi temi di fede e di vita, su queste pagine. Di preti così la Chiesa “militante” ne ha sempre più bisogno.