Tre anni da incorniciare con il gruppo di Vittorio Pisani

Era il 2009 quando cominciava la stagione degli arresti eccellenti in Campania ai danni del potere camorristico. Non che prima non si sia fatto nulla. Anzi. Ma un elenco temutissimo di boss, molti dei quali legati ai casalesi, e non solo, sono stati assicurati alla giustizia. Il lavoro delle forze dell’Ordine, tra Carabinieri e Polizia, ha portato in carcere molti nomi eccellenti di assassini feroci e capoclan con un impero finanziario alle spalle. Dalla camorra di provincia, più simile alla mafia siciliana, alla camorra di città, i colpi sono stati durissimi. Siamo andati a raccontare i successi di uno dei 5 gruppi che compongono la sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Napoli. In otto hanno raccolto tra colleghi, osservatori, giornalisti e istituzioni, l’ammirazione che si deve a chi è riuscito a fermare alcuni dei nomi eccellenti che sono stati arrestati in questi ultimi tre anni.


di antonio de michele


Un gruppo di otto è come una famiglia a parte. Ci sono dentro i racconti privati di loro figli. Si raccontano le difficoltà, si fanno sorrisi, si confidano stanchezze. Otto poliziotti in una stanza sola. Presi a lavorare come meglio non si potrebbe. Quando arriviamo al quarto piano di quella stanza è il giorno dell’onomastico per Vincenzo Marra che tra gli otto sembra essere l’icona del buon napoletano. Persona mite che ha provveduto a farsi mettere in una guantiera ben chiusa dolci per onorare la festa. Li ha portati in ufficio dove ha trovato Valentino Starace e Giorgio che, nel gruppo degli otto, sono come i veterani. Valentino Starace arrivò qui nel ‘95, Giorgio Russo poco dopo direttamente dal lavoro della Criminal Pool prima che quest’ultima venisse sostituita da nuove realtà investigative. La prima sezione della Squadra Mobile della Polizia, come volle il decreto ministeriale, in tutte le città d’Italia si chiama «sezione criminalità organizzata» e a Napoli vuol dire il lavoro di più quaranta persone divise in cinque gruppi di lavoro che si dividono un territorio vasto ed inquieto. Valentino Starace e Giorgio ispettori superiori di Polizia oggi parlano anche a nome di tutti gli altri. Tessono l’elogio di un gruppo che negli ultimi tre anni è arrivato sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Soprattutto all’indomani dell’arresto del boss casalese Antonio Iovine nel novembre del 2010. Nel racconto videoregistrato che ci fanno l’ispettore Valentino Starace mette in risalto le qualità del gruppo, ognuno specializzato in qualcosa. ognuno necessario al lavoro degli altri. E non conta se alcuni nel gruppo degli otto sono arrivati due anni fa. Conta che tutti fanno squadra.

C’è Mario Manzieri, Giovanni Cardone e Rosaria Russo tra quelli arrivati due anni fa ma che si sono inseriti perfettamente nel lavoro del gruppo. C’è Carmine Napolitano, Vincenzo Marra, il festeggiato di oggi, Vittorio Caiano. L’ispettore Starace ci fa capire il ritmo di lavoro, lo stile, il modo con cui in questi tre anni hanno affrontato le cose. Al suo collega, l’ispettore superiore Giorgio Russo, che siede di fronte a lui con la scrivania, chiediamo persino se non si possa parlare di metodo. Come può un gruppo di otto persone ottenere in soli tre anni risultati che un poliziotto attende una vita per coronarli? E come si è riusciti in concreto ad ottenerli? Nella stanza di lavoro le pareti parlano chiaro. Hanno le foto degli arresti, i titolo dei giornali in molte lingue del mondo, persino in cinese. Nella foto di gruppo, fatta subito dopo l’arresto eclatante di Antonio Iovine, si contano gli otto ma anche l’ex dirigente che qui ha lasciato molte tracce e, soprattutto, uno smarrimento che tutti, qui, sono stati bravi a superare. Nessuno di loro, nemmeno l’attuale dirigente Andrea Curtale, anch’egli nella foto sopra, che per anni ha fatto il vice di Vittorio Pisani, nasconde i meriti delle altre sezioni che sono nella Squadra Mobile come degli altri gruppi che sono in questa sezione.

Ma soprattutto nessuno vuole tacere i meriti che sono stati di Vittorio Pisani (nella foto sopra) in questi anni. In fondo qui nessuno ci sta a pensare che il loro ex e stimato dirigente possa avere avuto relazioni con la camorra come lo si accusa. E’ un tema che non tocchiamo per rispettare il corso della giustizia ed il processo che si sta tenendo. Qui tutti sono sicuri che il dott. Vittorio Pisani, come loro amano chiamarlo, uscirà brillantemente da questa brutta storia. Piuttosto, ritorniamo a cercare risposte da Valentino Starace e da Giorgio Russo alle domande di prima. Come si è riusciti ad ottenere in soli tre anni risultati così eclatanti? Quando le televisioni straniere e persino le polizie straniere sono arrivate qui pensando di trovare uffici ultramoderni e grandi tecnologie si son dovuti ricredere.


«Noi dobbiamo capire – dice l’ispettore Giorgio Russo (nella foto sopra accanto ad Antonio Iovine) – che il lavoro del poliziotto è stato facilitato dalle nuove tecnologie, ma se dovessimo dire che cosa ci aiutato ad ottenere i risultati di questi ultimi tre anni dovremmo dire che molto ancora, e per fortuna, dipende dal contatto diretto con i luoghi, le persone, il caso che si sta seguendo».

Sulle tracce di Antonio Iovine come di Salvatore Russo, il primo arrivato in ordine cronologico, o di Michele Zagaria, dopo Iovine, c’erano le forze dell’Ordine di mezza Italia. «Noi ci siamo arrivati – dice l’ispettore Starace – solo con il lavoro costante ed è chiaro anche quel grado di fortuna che ci vuole sempre». Ci raccontano le loro vite, i percorsi fatti in Polizia prima di arrivare qui, i pensieri di pessimismo in alcuni momenti quando viene spontanea la domanda, quasi quotidiana, del «chi me la fatto fare!».
Se però hai nel sangue il dovere di un lavoro lo fai oltre ogni calcolo. Gli otto poliziotti non erano di certi abituati al clamore. Anzi. Nella regola, come nel luogo comune, il poliziotto è uno che lavora con discrezione, quasi nell’ombra per ottenere davvero i risultati. Persino la decisione di mostrarsi a viso scoperto quando si è arrivati agli arresti di Russo, Iovine, Caterino, altro temuto camorrista dei casalesi, come di Zagaria, risponde alla coerenza di un impegno ed è un segnale importante: che lo Stato, con i suoi uomini, in Campania non ha paura. Anzi. Nelle trame del racconto che ci rendono Giorgio Russo e Valentino Starace l’elemento di conoscenza e di visibilità del territorio diventa un fattore positivo nel corso di indagini importanti. Giorgio Russo ricorda come in occasione dell’arresto dei colpevoli della piccola Valentina Terracciano, uccisa dalla camorra a Pollena Trocchia fu determinante la conoscenza del territorio che egli aveva. Come lo è stato in altri importanti arresti per Valentino Starace in un altra zona della provincia dove lui abita e conosce bene i posti. E’ un lavoro di fiducia che il poliziotto acquista lentamente e con discrezione diventando spesso il destinatario di piccole confidenze, di un monitoraggio ambientale che risulterà poi fondamentale.

La vicenda dei casalesi è un fatto a parte. Quando il gruppo fu incaricato di seguire quella traccia Casal di Principe fu abitata notte e giorno dagli otto che sono in questa stanza. Un lavoro delicatissimo fatto di tante cose, di travestimenti, intercettazioni ambientali come di quelle telefoniche che il gruppo degli otto può seguire dalla propria stanza con due postazioni allestite e funzionanti.
Fu proprio una telefonata, come in molti già sanno, a portare il gruppo degli otto nella casa del dove c’era Antonio Iovine. Telefonata che ascoltarono poche ore prima dell’arresto e che aveva come soggetto un panettone delle «Tre Marie» che piaceva tanto allo zio come ebbero a confidarsi i due fidanzati «ascoltati» che ebbero il compito di trovarlo nel novembre del 2010.
Attorno alla telefonata del panettone, tuttavia, c’era il lungo lavoro, la pazienza dei colleghi di Starace e Russo messa nell’ascoltare decine di ore di telefonate, l’intelligenza di saper collegare i fatti, le voci, il tono. La disponibilità a trascorrere i fine settimana di un’estate, quella del 2010, nelle strade di Casal di Principe per osservare, capire, penetrare nelle case, senza farsi scoprire, di persone legate all’indagine che potevano essere utili alla cattura del boss.
L’ispettore Starace sottolinea l’importanza delle diverse competenze che nel gruppo si hanno e come, in questi anni, i «veterani» abbiamo cercato e trovato colleghi esperti in alcune mansioni e quindi più utili al lavoro che si doveva fare. «Non saremmo arrivati da nessuna parte senza l’importanza dello spirito di gruppo ed il lavoro di ognuno di noi».

E’ un pensiero costante che ritorna nella conversazioni dei due ispettori di Polizia che sono davanti a noi. Una soddisfazione che si fece concreta anche durante le cerimonie nazionali e regionali nel corso delle quali il gruppo degli otto è stato premiato pubblicamente. E’ un senso di ammirazione che si portano dietro ogni volta che hanno modo di testimoniare a qualcuno, che sia un giornalista, un gruppo di ragazzi, una scolaresca o il regista di qualche lavoro televisivo che si prepara. Nessuno di loro, probabilmente, si aspettava tutto il clamore che è venuto dopo gli arresti di questi anni. Soprattutto dopo quello di Antonio Iovine che, come loro stessi dicono, ha «mediaticamente sbancato».
A clamore finito, il prossimo futuro per molti di loro che hanno raggiunto il massimo gradino di carriera è di essere ancora utili al lavoro delle forze dell’Ordine. Non cercavano encomi né premiazioni ma, certo, leggere, a firma del Presidente della Repubblica, il ringraziamento che si fece al capo della Polizia, il prefetto Manganelli, in occasione dell’arresto di Iovine, riempie di orgoglio e di soddisfazione. Per il resto è la stessa vita da poliziotti che facevano prima quella che fanno oggi. Dal luglio del 2011 con il nuovo dirigente che era stato vice in questi anni, Andrea Curtale condividono gran parte di quella memoria che nei momenti più faticosi diventa un’incoraggiamento.
Il racconto di Valentino Starace e di Giorgio Russo si apre alle prospettive del futuro. Al pensiero dei figli impegnati nella vita e nelle loro giovani età, al valore che quel gruppo ha dato al lavoro che fanno. Un racconto nel racconto per dire anche gli episodi più curiosi o vedere assieme la presa diretta che non si può mostrare in pubblico di quell’arresto che aprì la serie nel 2009. Nessun metodo, dunque, nessun modello. I risultati di questi anni sono il frutto di un lavoro sul campo, come quello degli altri poliziotti, impegnati a fare altre cose altrettanto importanti anche se meno mostrate e rimostrate al grande pubblico.

n.d.r.

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