Alla fine nonostante tutta l’attenzione messa per evitare di essere intercettati politici, imprenditori e tutti i coinvolti in Liguria nella tangentopoli genovese non sono riusciti ad evitare gli arresti ed i provvedimenti cautelari. Il dio denaro ha fatto presa anche questa volta. Ed è solo all’inizio la bufera giudiziaria che si è abbattuta su Genova. Intanto si stanno facendo già gli interrogatori di garanzia, a partire da quello all’ex presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Emilio Signorini, che è il più urgente perché il manager è l’unico indagato in carcere, accusato di esser stato corrotto dall’imprenditore Aldo Spinelli, figura-chiave dell’indagine: Signorini, grazie ai soldi di Spinelli, avrebbe fatto la bella vita a Montecarlo, secondo quello che si legge nelle intercettazioni. Dentro ci sono coinvolti, per intero, anche Giovanni Toti presidente della Regione Liguria ora agli arresti domiciliari, Francesco Moncada marito di Marina Caprotti, patron di Esselunga ed altri nomi che contano. Contano soldi, tangenti, affari, licenze, votI di scambio, favori e i telefonini che mettevano sempre da parte per evitare di essere intercettati. Ma…
di francesco de rosa
“Senti Renato, io sono nelle mani di Giovanni (Toti ndr) per questi due supermercati qua. Per cui se vogliamo mettere il tuo vino devi parlare con Giovanni”. Si appella così Francesco Moncada consigliere d’amministrazione di Esselunga e marito dell’ad Marina Caprotti a Renato Brunetta la mattina del 17 marzo 2022 mentre va a trovare Giovanni Toti nel suo ufficio presso il Palazzo della Regione a Genova. In quel momento Brunetta è un Ministro della Repubblica molto amico di Giovanni Toti che sono stati assieme in Forza Italia. “Sono qui con un tuo amico“, dice. L’”amico” saluta e il manager spiega a Brunetta di aver bisogno del governatore per aprire due nuovi punti vendita nel capoluogo, dove è potuto sbarcare nel 2020 – dopo anni di dominio incontrastato della Coop – proprio grazie all’amministrazione di centrodestra. Come “leva” usa l’offerta di proporre il vino prodotto dalla Capizucchi, l’azienda agricola fondata dal ministro, negli scaffali Esselunga: “Se vogliamo mettere il tuo vino devi parlare con Giovanni”, dice. Il vino Capizucchi, in effetti, compare tuttora nei volantini promozionali della catena.
Il dialogo, riportato nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari il presidente della Regione, finisce in una sorta di sceneggiata, visto che “Giovanni” è lì e ascolta in diretta. Brunetta gli fa i complimenti: “Lui è bravo e serio”. “Lo so”, risponde Moncada (interdetto dall’esercizio della professione). Poi i due concordano un appuntamento al ministero. Dopo la chiamata, il dirigente di Esselunga discute con Toti e con il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani – anch’egli presente all’incontro, arrestato e ai domiciliari – dello sblocco della pratica per costruire un supermercato nel quartiere di Sestri Ponente. Tanto che alla fine, Cozzani invita Moncada a prendere un caffè alle 18 nel proprio ufficio per “chiudere il cerchio“. All’incontro partecipa anche un altro indagato, Maurizio Rossi, editore della tv ligure Primocanale, tv molto vicina alla giunta regionale (tanto da meritarsi l’appellativo di “TeleToti”). In quell’occasione viene concordato il finanziamento illecito con cui, secondo l’accusa, Esselunga corrompe Toti con una idea molto utile a Toti. L’azienda si impegna a rinunciare ad alcuni passaggi pubblicitari sul maxischermo in cima al grattacielo più alto di Genova (di proprietà dell’emittente) per “regalarli” alla lista del governatore in sostegno di Marco Bucci, sindaco ricandidato alle Comunali del 2022. “Non possiamo togliere qualche cosa a noi e mettere Bucci… però bisogna farlo bene… “, dice Moncada. Non a caso la scelta di usare il maxischermo invece della tv viene presa perché considerata più “sicura” da un punto di vista dei controlli: “Qui non ho nessun obbligo… quindi posso dire che gli do dieci passaggi al giorno per dire… poi gliene do cinquanta”, spiega Rossi. Che ha già pronto il capro espiatorio, un “programmatore stupido” a cui dare la colpa se l’imbroglio venisse scoperto: “Se qualcuno contesta gli dico: “No guardi che devono essere dieci passaggi al giorno e questo qua ne ha messi 15…””. Tutti gli attori in campo sanno che risxchiano grosso come sempre accade in questi casi in ogni parte d’Italia tra imprenditori e politici. Non a caso il manager di Esselunga, consapevole del rischio, chiede che il tutto venga fatto in modo “pulito”: “Dobbiamo dormire tutti tra due cuscini“.
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Proprio a quel punto, ricostruisce il gip, gli interlocutori decidono di disfarsi dei cellulari per paura che vi possa essere installato un trojan, il virus che li trasforma in registratori. “Una voce indistinguibile chiede di spegnere qualcosa (“allora spegniamo questo qui che… “) e Moncada subito dopo, afferma: “Questo qui io lo metto proprio via”. È evidente”, scrive la gip Paola Faggioni, “come si faccia riferimento all’opportunità di spegnere o mettere da parte gli smartphone per il timore che la conversazione possa essere oggetto di intercettazione”. All’affermazione di Moncada di voler mettere da parte il cellulare, Cozzani dice a lui e a Rossi: “Fate fate…venite da me… facciamo così…”. “Appare plausibile”, si legge, “che il capo di gabinetto abbia invitato i presenti a consegnare i propri telefoni per riporli in luogo sicuro, al fine di impedire o rendere difficoltose possibili intercettazioni”. Una precauzione inutile: nell’ufficio di Cozzani erano installate le ambientali. Terminato il vertice – ormai sono quasi le sette di sera – i tre tornano nell’ufficio di Toti per l’ultimo check: “Allora noi siamo tutti a posto giusto? Siamo a sistema”. “Yes, siamo allineati su tutto”, conferma il governatore arrestato.
Il metodo “Liguria” non differisce da molti altri metodi, molto attivi e praticati, in Italia. Nello specifico ci sono stati nelle inchieste di corruzione molti luoghi-oggetti veicolo di tangenti, il puff, il water, ma tra Toti e Spinelli la parola d’ordine sembra essere la barca: “quando mi fai vedere la barca? Quando ti posso venire a trovare“, dice Toti all’imprenditore, re dei terminalisti del porto, al quale è stata data una concessione trentennale per il terminal da dove passano carbone, sabbia e granaglie, ma che ha avuto anche diverse altre concessioni, come per una ex area Enel o per una spiaggia dove realizzare una speculazione. Sullo staff di Toti, soprattutto sul suo capo di gabinetto ed ex sindaco di Porto Venere, Matteo Cozzani, pende poi l’ombra della relazioni con un clan di “Cosa nostra” per il voto di scambio. “Una mattina non vorrei trovarmi con la Dia in ufficio“, dice profetico in una intercettazione Cozzani che è indagato anche in un’inchiesta a La Spezia, da dove tutto è partito. Un sistema tentacolare, insomma, secondo i magistrati, dove Spinelli non sarebbe l’unico imprenditore che oliava le ruote in Regione dato che l’altro, come già detto e scritto nel provvedimento, è Francesco Moncada di Esselunga, indagato: “Io sono nelle mani di Giovanni per questi due supermercati qua, quindi se vuoi vendere il tuo vino devi parlare con Giovanni“, dice Moncada cercando una sponda nell’ex ministro Brunetta che è estraneo all’indagine. Il giudice per Toti avverte che c’è pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, soprattutto in vista di nuove elezioni, con “il coinvolgimento di nuovi imprenditori“, ancora oggetto di approfondimenti investigativi: insomma in procura c’è ancora molto da fare.
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