di maria rosaria debora scotto di rinaldi |
Durante i primi mesi di Governo Alleato in Sicilia gli Ufficiali dell’Amgot, Allied Military Government of Occupied Territori , arruolarono, per mancanza d’informazioni e d’ufficiali qualificati per la selezione del personale, elementi locali non sempre in regola con la legge. Questa decisione indurrà molti storici alla conclusione che gli Alleati, ed in particolare gli americani stabilirono contatti privilegiati con la mafia. In realtà non mancano conferme di un certo interesse alleato per un possibile impiego della mafia, noti i contatti degli americani con esponenti mafiosi di primo piano come Salvatore Lucania, detto Lucky Luciano considerato uno dei boss più astuti ed efferati degli Stati Uniti.
Originario di Lercara Freddi aveva trasformato la malavita anarchica in una potente organizzazione interstatale che estendeva il proprio potere su tutto il versante centro orientale, nel 1936 fu accusato di compulsory prostitution e condannato dal procuratore T.E Dewey, che considerava il caso come una crociata personale, ad un lunghissimo periodo di detenzione, da trenta a cinquanta anni, da scontare nella prigione di massima sicurezza di Dannemora, nella parte settentrionale dello stato di New York.
Secondo le indagini della Commissione Kefauver, 1951, il pactum sceleris tra mafia e i servizi segreti della marina militare fu dovuto alla incapacità di questi ultimi di sventare atti di sabotaggio degli U-Bot tedeschi che “…….non esitavano ad emergere nei pressi delle coste e i loro micidiali siluri, nei primi dieci mesi dall’inizio della guerra, affondando cinquecento navi americane… la marina , americana , nonostante attenta sorveglianza, non sapeva a quale rimedio ricorrere; moli e banchine rigurgitavano di traditori i quali a mano a mano, avevano corrotto e guadagnato alla loro causa padroni di barche adibite al trasporto di pesce, custodi di stazioni di rifornimento di carburante.
Fu chiaro ad un certo momento che i sottomarini si rifornivano di viveri e di nafta senza ricorrere ai porti tedeschi e che disponevano di compiacenti fornitori. Fu dunque a questo punto che i servizi segreti decisero, conoscendo il ruolo della mafia e sapendo che i docks erano controllati da questi, di contattare i boss Lansky e Lanza; i quali si mostrarono ben disposti a collaborare, dal momento che come sosterrà lo storico D’Este essi erano pieni di patriottismo “ si consideravano leali americani in primo luogo e criminali solo in secondo luogo”. I due boss, però, chiesero e ottennero l’approvazione di Lucky Luciano, che sebbene fosse detenuto a Dannemora la sua influenza sulla attività mafiosa a New York era ancora molto forte la sua approvazione era considerata imprescindibile. I gangsters ottennero non solo l’approvazione di Lucky ma anche la collaborazione di boss quali F. Costello e J.Adonis. Da quel momento : “ nella zona del porto, nelle banchine militari….il risultato fu immediato …cessò il sabotaggio, cessò l’ostruzionismo, non solo un quintale di merce perduta, non solo un trabiccolo affondato…..”. I tedeschi e i filo nazisti vennero neutralizzati e in seguito dispersi.
Per quanto riguarda Lucky questi nel maggio del 1942 fu trasferito dal carcere di Dannemora alle carceri, meno dure di Great Meadow, vicino Albany.
Bisogna riconoscere, come evidenzia Mercuri, che vi fu una evidente esagerazione nel voler attribuire a Lucky Luciano e ai suoi compari la sconfitta degli U-Bot tedeschi, dal momento che essi furono sconfitti da un’ingente produzione bellica messa in atto dagli USA.
Si può, invece, ipotizzare che i sevizi segreti americani decisero di utilizzare la mafia italo-americana quando nella Conferenza di Casablanca prima e nella Conferenza del Tridente poi, i ministri degli esteri, americano e inglese, dichiararono che il loro primo obiettivo sarebbe stata l’invasione della Sicilia; ma il Dipartimento di Stato Americano non avendo nessuna notizia sulla zona di invasione e necessitando di informazioni precise, inerenti la disposizione e le capacità operative e dell’unità tedesche e delle unità italiane nella Sicilia, necessitando di informazioni su porti, aereoporti, ferrovie e punti strategici, chiamò l’Office of Strategic Service che aveva il compito di colmare il vuoto, ma l’agenzia di spionaggio e controspionaggio americana era relativamente giovane e non aveva esperienza in merito. Ed è a questo punto che probabilmente E. Brennan, capo dell’agenzia per il settore italiano, decise di utilizzare metodi poco ortodossi e servirsi della mafia per reperire notizie utili sulla Sicilia. Gli aspetti morali ed etici, di un simile compromesso furono, dunque, anteposti alla necessità di sconfiggere i tedeschi e i fascisti. A tale proposito Ganci sosterrà : “i servizi segreti americani conoscevano il ruolo che la mafia aveva nell’isola ed era documentata sui rapporti intercorrenti tra essa e la mafia americana. Il contributo dei boss doveva consistere nell’agevolare lo sbarco e la successiva avanzata delle truppe, mediante informazioni sulla zona delle operazioni, soprattutto, mediante «contatti» con « gli amici influenti» delle varie zone siciliane, onde collaborassero ad aprire la strada alle armate americane”. D.M.Smith affermerà : “è stata spesso formulata l’accusa e non è stato dimostrato il contrario che questo corrispondesse ad un piano deliberato degli alleati per facilitare la conquista della Sicilia. Certamente c’erano stretti rapporti tra i gangster d’america e di Sicilia e l’aiuto della mafia poteva essere molto utile se non altro per ottenere informazioni”. Mercuri smentirà queste supposizioni sostenendo che le informazioni militari della mafia furono di scarsa rilevanza : “può darsi che i servizi resi da Lucky luciano e dai suoi amici agli agenti americani non siano stati cosi preziosi sul terreno delle informazioni militari, come si era potuto pensare “. vere oppure no queste notizie, sembra che Luciano non solo abbia consigliato agli alleati di sbarcare nel golfo di Castellammare ad ovest di Palermo, ma abbia fornito agli agenti del Secret Intelligenge una lista di persone fidate da contattare una volta arrivati in Sicilia.
Questo particolare sarà evidenziato da P. Alfieri, che nella commissione d’inchiesta Hearlands, nel 1954, riferirà : “ uno dei piani più importanti era contattare persone che fossero state estradate per qualsiasi crimine dagli Stati Uniti nella loro patria in Sicilia, e uno dei primi successi dopo lo sbarco a Licata fu quando stabilì dei collegamenti con numerose persone che erano state espulse. Furono molto disponibili a cooperare e di grande utilità, perché parlavano sia il dialetto locale che un po’ di inglese “. Quando al tenente verrà chiesto se i personaggi contattati erano mafiosi questi risponderà : “ be, loro non lo avrebbero mai ammesso. Ma in base alle mie esperienze investigative compiute a New York, sapevo che lo erano “. Alfieri aggiungerà che tali contatti furono stabiliti proprio da Lucky Luciano, lo stesso ammiraglio Heweitt riferirà, alla commissione Hearlands, che vi erano nella marina almeno sei ufficiali di dubbia origine che sbarcarono a Licata e a Gela con il compito di ottenere informazioni sui campi minati. Dal canto suo il tenente Alfieri riuscì ad entrare nel quartier generale del comando navale di Licata e ottenere informazioni utili sulla disposizione delle forze navali dell’Asse nel Mediterraneo e le cartine dei campi minati. M. Pantaleone darà ampio credito al coinvolgimento dei mafiosi nell’operazione Husky:
“È storicamente provato che prima e dopo le operazioni militari relative allo sbarco degli alleati in Sicilia, la mafia d accordo con il gangsterismo americano, s’adoperò per tenere sgombera la via da un mare all’altro, tanto che le truppe avanzarono nel centro dell’isola con un notevole margine di sicurezza “.
Il Gaya addirittura sosterrà che le truppe della VII Armata di Patton avanzarono rapidamente nell’entroterra siciliano perché aiutati da elementi mafiosi che erano in contatto con alcuni soldato italo-americani arruolati in quest’armata. Pantaleone riferirà inoltre che : “ nei giorni immediatamente successivi allo sbarco alleato, i paesi di Villalba e di Mussemoli, furono sorvolati da un aereo dal quale furono lanciati foulard gialli con su impressa una L nera. Ricevuto il foulard don Calogero Vizzini, capo della mafia, che aveva preso il posto di Vito Cascio Ferro che stava morendo in un carcere italiano, fu prelevato da carrarmati americani, su uno dei quali sventolava il vessillo giallo con la L nera, e giudò le avanguardie dell’armata sino a Cerola […]”. Secondo lo storico citato Dn Calò riuscì a convincere le truppe del presidio di Mussemoli ad arrendersi senza combattere.
Ma come dichiarerà E. Morris non esistono prove concrete che confermino queste affermazioni, che ancora oggi restano delle supposizioni. Inoltre non bisogna dimenticare le la campagna di Sicilia non fu certo una passeggiata militare e che la velocità di alcune truppe, come ad esempio quelle di Patton, fu possibile per l’assenza di truppe dell’Asse e per lo stato di collasso dei reparti militari italiani che di certo non era stato provocato dalla mafia. Tutti, dunque si affrettarono a chiarire che la mafia non venne coinvolta nello sbarco Alleato in Sicilia. Sappiamo infatti che la commissione d’ inchiesta istituita nel 1951, dal senatore E. Kefauver non riuscirà a dimostrare nulla, dal momento che tutti i personaggi coinvolti nell’Affare Luciano si affrettarono a smentire o a non testimoniare come il governatore Dewey.
Solo il comandante C.R. Haffenden sosterrà di aver contattato il boss ma a puro titolo personale, per ottenere informazioni sugli atti di sabotaggio compiuti dai tedeschi nei porti americani. Sta di fatto che Salvatore lucania sarà rilasciato sulla parola e trasferito in Italia nel 1947, proprio dal governatore Dewey per : “ l’ampio e prezioso aiuto offerto alla marina durante la guerra”. D’Este metterà in evidenza che il boss probabilmente fu scarcerato perché salvò la vita al governatore Dewey: Luciano avrebbe, infatti, decretato la morte del boss olandese D. Schultz, mente del tentato omicidio del governatore, il boss olandese avrebbe dunque violato una regola non scritta della mafia, secondo la quale bisognava evitare di uccidere uomini di legge e poliziotti per non attirare troppo l’attenzione.
Al contrario c’e’ chi come H. Pound ed E Morris che crederanno all’alleanza tra mafia e servizi segreti non più che ad una leggenda romantica , dal momento che le commissioni d’inchiesta non riusciranno a dimostrare nulla.
L’ipotesi di un contatto tra il boss della mafia Lucky Luciano e i servizi segreti americani sarà, inoltre, smentita anche da C. Poletti, il quale riterrà che la scarcerazione del boss fu dovuta a consistenti contributi che gli amici di Luciano offrirono ai tesorieri del Partito Repubblicano e che la storia di essere stato di aiuto alla marina militare degli USA non fu altro che un’invenzione, che però consentì al governatore Dewey di commutargli la sentenza e di rimpatriarlo in Italia . Invece secondo Faenza e Fini i mafiosi furono reclutati volontariamente e deliberatamente dal capo dell’Office of Strategic Service, E. Brennan che aveva già stabilito alcuni contatti con alcuni mafiosi in Canada non precisano però i contatti “Brennan aveva trascorso l’infanzia in Italia….vi ritornò durante i primi mesi di fascismo al servizio dell’Ambasciata degli Stati Uniti. Sotto la copertura diplomatica, con il compiti di stabilire contatti con la polizia segreta di Mussolini, con esponenti della fronda fascista, col potente ordine Massonico italiano. Inviato più tardi in Canada, Brennan completò il giro delle conoscenze utili con alcuni pezzi da novanta mafiosi lì esiliati dal fascismo. Nel gennaio del 1942, Brennan cominciò a reclutare siculo-americani nell’Office of Strategic Service, a cominciare dal giovanissimo Max Corvo. Secondo R Campbell fu priprio Corvo che per conto di Brennan arruolò all’interno dei servizi segreti elementi mafiosi come V. Scamporino, futuro capo del Secret Intelligence italiano , che sarà in seguito accusato anche da P. Tompkins, agente dell’OSS in Italia, il quale affermerà “ Vincent Scamporino era assolutamente ignaro della storia, della cultura e della politica italiana…..come contatto stabile nel paese aveva solo la mafia” . M Corvo nel suo libro The OSS in Italy , scriverà che Brennan proibì agli agenti di avere rapporti con elementi mafiosi presenti negli Stati Uniti, e che un alleanza con essa a quel tempo non sarebbe stata di nessuna utilità dal momento che tali mafiosi non erano in grado di fornire nessuna notizia utile né erano capaci di stabilire contatti con i mafiosi siciliani, che per la maggior parte erano stati sterminati da Mussolini o detenuti in colonie penali . Corvo smentirà categoricamente le supposizioni degli storici di una collaborazione con la mafia sostenendo che gli agenti del Secret Intelligence italiano non riuscirono ad infiltrare agenti in Sicilia prima del D-Day, poiché gli agenti, pur essendo pronti ai primi di giugno, non riuscirono ad ottenere, con grande stupore di Corvo stesso, l’autorizzazione dell’ AFHQ, Allied Force Headqurters : “…per me era incomprensibile che all’OSS venissero date così scarse informazioni sulla pianificazione ed esecuzione dell’invasione della Sicilia. Ciò era particolarmente difficile da capire, tenendo conto del fatto che possedevamo l’unico pool di manodopera effettiva e di esperti dell’esercito statunitense che avesse familiarità sia con la lingua che con i luoghi, ma che soprattutto avesse un piano avanzato ed efficiente…”.
Secondo Sansone ed Ingrasci la collaborazione con la mafia non fu una peculiarità degli agenti americani, bensì anche degli inglesi “Nell’aprile del 1943 un sottomarino britannico emerse ad un miglio dalle coste meridionali della Sicilia. Una piccola imbarcazione raggiunse le coste. Ne discese un uomo alto e sottile. Le due persone che lo attendevano chiesero chi fosse : era il colonnello Hancock dell’esercito britannico di S. Maestà ..”
Il colonnello fu ospitato nella casa dell’On. Verderame. Secondo gli storici citati lo stesso C. Poletti giunse clandestinamente nell’isola e fu ospitato da personaggi quali : “ Lucio Tasca Bardonaro, la duchessa Cesarò ed altri”. Come si può notare è molto difficile stabilire il ruolo e l’utilità, se mai ci fu, delle notizie fornite dalla mafia nella conduzione della guerra. Certo non mancarono conferme di un certo interesse alleato per un possibile impiego della mafia; a tal proposito basti ricordare il telegramma dell’Ambasciata Americana a Berna, 2 gennaio 1943, al Dipartimento di Stato, che presentava una serie di personalità italiane che potevano essere utili in caso di invasione.
Nel citato documento accanto a personalità quali il Comm. Berlingieri, il Comm. Agnelli, comparivano i nomi di Elso Battistini, capo della camorra, Carmelo Albo capo della mafia .a dare credito alla teoria della collaborazione mafia- alleati, vi sarebbe anche un rapporto dell’Office of Strategic Service nel quale si legge : “noi attualmente in Sicilia possiamo contare sull’aiuto della mafia. Abbiamo avuto incontri con i loro capi ed è stato stretto un patto che prevede una loro parziale sottomissione ai loro comandi. Una volta stretto un patto, qui non si rompe facilmente. Come prova della loro buona fede, ci hanno indicato i nomi dei loro capi in Italia. Si sono anche impegnati nel non avere a che fare con il nostro Servizio segreto. In cambio abbiamo spiegato lo che gli avremmo restituita una Sicilia Libera“. Bisogna però precisare che gli agenti dell’Office of Strategic Service contattarono ed ottennero la collaborazione non solo della mafia ma anche del Partito D’azione, nome con il quale presumibilmente si identificava la coalizione dei partiti antifascisti siciliani, di Vincenzo Purpura tali contatti furono dovuti al fatto che con la caduta del regime di Mussolini, e la conseguente invasione dell’isola si era verificata una situazione di confusione potenzialmente pericolosa per il mantenimento dell’ordine pubblico. Si può quindi presumibilmente affermare che gli agenti dell’Office of Strategic Service ricorsero a quelle forze che potevano garantire l’ordine sociale. In questo caso la mafia che, per il tradizionale quanto discutibile, rispetto di cui godeva presso la popolazione locale, era in grado di gestire senza grossi problemi il territorio. Nel citato documento OSS si legge : “in connection with all Sicilian activities, it must be constantly kept in mind that the Mafia plays an important role. La mafia in turn is divided into two branches-one, the upper branch which is composed of intellectuals and professionalas, and two the lower branch, in which are found elements willing to perform strong-arm work, ( even including petty thieves and criminals). Only the mafia is able to bring about of blak market practices and influence the contadini who constituite a majority of the population”.
Dunque la mafia era ritenuta non solo capace di controllare e gestire il territorio ma anche di sconfiggere il mercato nero, certo se così fosse stato avrebbe eliminato la sua prima fonte di guadagno, in tale contesto gli americani appaiono un po’ ingenui supponendo che vi fu collaborazione tra loro e la mafia.
Da questo documento emerge che la collaborazione fu dovuta ad un realtà contingente e momentanea, o almeno così avrebbe dovuto essere.
Ad avallare questa ipotesi un rapporto del PWB, Psychological Werfare Branch, del 9 marzo del 1944 nel quale si evidenzierà : «la scarsa influenza della mafia nelle vicende ( politiche) dell’ isola».
La documentazione disponibile non consente di affermare, senza ombra di dubbio che gli alleati, americani soprattutto, affidarono deliberatamente e per un periodo di tempo illimitato una sorta di delega per il controllo politico della Sicilia.
Sta di fatto che all’arrivo degli eserciti alleati la mafia tornò ad assumere quel ruolo che il fascismo le aveva negato, se mai lo avesse fatto, attraverso le leggi speciali del prefetto Cesare Mori.
Pantaleone racconterà : “la mafia non solo si infiltrò in tutti gli uffici della nuova amministrazione, ma occupò anche delle cariche ufficiali e riuscì ad impadronirsi delle migliori posizioni per controllare i trasporti e i trasferimenti dei beni” secondo lo storico citato la mafia riuscì nei suoi intenti perche gli ufficiali dell’AMGOT li appoggiavano e li legittimavano per cui: “ con la scusa di scegliere gente di provato anti-fascismo si fini col seguire i suggerimenti di certi amici d’oltre oceano e con il chiamare alla carica fior fiori di mafiosi i cui certificati penali, sbiancati dalle gravi imputazioni di cui erano carichi, stavano ad indicare bensì che erano stati contrari al fascismo ma per gli stessi motivi per cui sarebbero stati contrari a qualsiasi governo che avesse preteso di far valere una legge che non fosse la loro “ Il caso più eclatante fu la nomina di don Calogero Vizzini quale sindaco di Villalba subito dopo l’arrivo degli alleati. Significativa la cerimonia di insediamento : “il tenente Beehr che si mostrava zelante fece issare la bandiera americana sulla misera caserma dei carabinieri di Villalba. In onore di don Calò che non senza cerimonie stava per essere nominato sindaco dalle autorità americane di occupazione, quel giorno tutta la cittadina di Villalba potè assistere alla cerimonia. Con l’aiuto di un interprete Beehr parlò dei vantaggi della democrazia, della indipendenza e delle promesse per l’avvenire. La folla rispose scandendo slogan contro i quali Beehr non protestò : Viva don Calò! Viva la Mafia! Viva la delinquenza!”.
Tale episodio comproverebbe il tacito consenso, di almeno una parte degli ufficiali dell’Amgot alla mafia.
Senza voler difendere o giustificare l’operato degli alleati, che a mio avviso per molti aspetti assomigliò più ad una colonizzazione che ad una liberazione, è necessario tener presente un altro aspetto fondamentale e cioè che l’Amgot, aveva ricevuto l’incarico di riattivare la vita economica, amministrativa e sociale dell’isola, fino a quando questa non fosse stata restituita all’amministrazione italiana, ma come evidenzierà D’Este : “nelle file dell’Amgot vi erano esperti in molti campi dell’amministrazione civile, ma fra questi vi erano pochissimi quadri e per far funzionare, l’Amgot dovette affidarsi alle autorità locali per mettere in pratica le direttive” .
Autorità locali non sempre in regola con la legge, che approfittarono della confusione generale, seguita al crollo del regime fascista, della mancanza di una precisa politica degli ufficiali dell’Amgot, della inesperienza di questi, della loro mancanza di conoscenza di luoghi e persone, per recuperare parte del potere perduto spacciandosi spesso e volentieri quali autentici anti-fascisti.
A tal proposito Lord Rennell, capo dell’Amgot, sosterrà “ i più sinceri anti-fascisti delle due Sicilie non erano sempre i più rispettosi della legge e cittadini integerrimi, specialmente laddove sopravvivevano le tradizioni della mafia e della camorra. Essi erano tanto anti-fascisti quanto indesiderabili da ogni punto di vista….si poteva affermare che i mafiosi non amavano il trascorso ventennio più di un vecchio socialista o un ex confinato politico “. non bisogna inoltre dimenticare che molti ufficiali non conoscevano la lingua locale quindi necessitavano di interpreti locali, e senza una particolare selezione assumevano inconsapevolmente anche mafiosi, provocando lo sconfortante giudizio di Lord Rennell: “ con il popolo che invocava di essere liberato da un podestà fascista, molti dei miei ufficiali caddero nella trappola di scegliere i più abili propagandisti di sé stessi, o di seguire i consigli dei loro autonominatasi interpreti che avevano imparato un poco di inglese di un soggiorno negli USA. Il risultato non fu sempre felice. La scelta in più di un caso cadde su un locale boss della mafia, o su un uomo, che in uno o due casi si era diplomato negli ambienti dei gangster americani. Tutto quello che poteva essere detto di questi uomini che erano sicuramente antifascisti”. Bisogna però guardarsi dalle generalizzazioni, perché vi furono anche casi in cui gli ufficiali dell’Amgot cercarono di frenare la violenza mafiosa, che su era scatenata in Sicilia, ricordiamo ad esempio nel mese di agosto del 1943 il governo alleato condannò a morte alcuni mafiosi che erano stati riconosciuti colpevoli dell’assassinio del barone Genuardo, proprietario terriero. Mercuri evidenzierà che dopo questo episodio vi fu una diminuzione dell’attività mafiosa, ma ciò non fu sufficiente a debellarla o indebolirla, la mafia si stava riorganizzando e si stava adeguando alla nuova realtà. Concludendo si può sostenere che furono milti i fattori che determinarono l’ascesa della mafia in Sicilia, tra i tanti elementi evidenziati non va dimenticata, a mio avviso, che gli alleati, soprattutto americani, avendo sin dall’inizio adottato la formula dell’unrest and disease non ebbero nessuna particolare determinazione nel promuovere, al di là di quella tante volte conclamata e poche volte applicata, democrazia. In questo contesto è da tener presente anche la direttiva amministrativa del 30 ottobre 1943 n 285-286 che invitava gli ufficiali ad evitare contatti nelle zone alleate con i partiti democratici, che erano in via di ricostruzione, e al contrario di : “ contattare immediatamente l’esponente più elevato del clero, il comando dei carabinieri, l’insegnante, il medico”; a tal proposito non bisogna dimenticare che don Calò aveva molti fratelli preti e vantava zii vescovi.
Con la nomina di C. Poletti, quale governatore della Sicilia prima e di Napoli dopo molti esponenti della mafia in Sicilia e della camorra a Napoli, secondo alcuni storici, furono assunti e quindi legittimizzati come consulenti dell’Amgot. Il caso più significativo fu Vito Genovese, esponente di punta del mercato nero di Nola. Genovese era membro della antica camorra napoletana ed era diventato, dopo l’arresto di Lucky Luciano, il numero uno della mafia italo-americana. Poco prima dello scoppio della guerra era rientrato in Italia, per sfuggire alla giustizia americana, ed era diventato il fornitore regolare di cocaina di Galeazzo Ciano. Con l’arrivo dell’esercito americano fu assunto quale interprete nella Region 3, e quasi sicuramente sfruttò il suo ruolo e i suoi collegamenti con gli ufficiali dell’ Amg per continuare indisturbato i suoi traffici illeciti. Secondo l’agente del CIC, Counter Intellingence Corps, N. Lewis genovese controllava : “…tutti i sindaci dei centri che si trovavano nel raggio di una ottantina di chilometri da Napoli, affidava la riscossione del pizzo ai suoi uomini, e incassava una percentuale su tutto […] e il CIC aveva imparato a tenersi alla larga da qualsiasi affare in cui vi era lo zampino di Genovese e cioè quasi tutto”. Secondo Lewis Genovese fu consigliere di C. Poletti il quale negherà decisamente ogni contatto anzi, sosterrà di non averlo mai conosciuto personalmente, ma che aveva lavorato in qualità di interprete per un ufficiale del Civil Affairs di Nola, dall’ottobre del 1943 al giugno del 1944 e che lui non era responsabile di tale nomina dal momento che diresse l’Amg di Palermo fino al febbraio del 1944. Non vi sono attualmente documenti che evidenziano i legami.