Avevo acceso speranze enormi alla fine dello scorso marzo la annunciata decisione di voler collaborare con la giustizia. E, invece, Francesco Schiavone lo aveva annunciato per calcolo, strategia, possibilità di “tutelare” quel che è rimasto da tutelare del suo clan. Tutti gli interrogatori finora fatti dallo scorso marzo non solo non sono serviti a far comprendere di più sul sistema di connivenza tra camorra ed esponenti della politica né per altri dettagli sull’affare dei rifiuti e su altro, ma hanno annoverato una serie di bugie che la Procura avrebbe smascherato una dietro l’altra . Il tempo di capirlo e i vertici della Procura della Repubblica guidata da Nicola Gratteri hanno emesso un nuovo dispositivo per riportare Francesco Schiavone al 41 bis e togliere all’ergastolano i benefici della collaborazione annunciata solo qualche settimana fa. Ecco qualche dettaglio…
“Bugie su rifiuti tossici e sui rapporti con la politica”. così alla fine ha commentato Nicola Gratteri la decisione della Procura di Napoli di rimandare Francesco Schiavone detto Sandokan al 41 bis. In buona sostanza il capo clan di Casal di Principe non è credibile per i magistrati inquirenti che seguono tutti i filoni giudiziari legati ai Casalesi e alla guida di Francesco Schiavone. L’ex capoclan dei casalesi quindi torna al 41 bis. Aveva cominciato appena alla fine dello scorso marzo un percorso di collaborazione con gli inquirenti ma, davanti alle dichiarazioni finora rilasciate, il programma di protezione è stato revocato.
I pm anticamorra, coordinati dal Procuratore Nicola Gratteri, hanno chiesto il via libera dal Ministero della Giustizia, che ha disposto per “Sandokan” il ritorno al più duro regime detentivo. Schiavone fu arrestato nel 1998 ricevendo successivamente una condanna all’ergastolo nel maxi processo Spartacus. La sua decisione di collaborare con la giustizia sembrava prefigurare uno sviluppo favorevole alla verità nonostante le prudenze dello scorso marzo. Si pensava sarebbe stato credibile anche in virtù del fatto che prima di lui avevano deciso di parlare il primogenito Nicola nel 2018 e il secondogenito Walter nel 2021.
Nel frattempo, Emanuele Libero, altro figlio del capoclan, era uscito dal carcere questo aprile dopo 12 anni di pena. Il pentimento di “Sandokan” e la sua disposizione a collaborare con gli inquirenti poteva per molti osservatori e magistrati inquirenti portare molte novità soprattutto sul tema dei rifiuti tossici e sui rapporti con la politica che conta. Proprio i temi per i quali nulla è arrivato dalle sue dichiarazioni. Al contrario, secondo alcuni osservatori bene informati solo bugie. Il rais di Casal di Principe poteva far luce anche su alcuni casi come l’uccisione avvenuta in Brasile nel 1988 dello stesso fondatore del suo clan Antonio Bardellino come su altri intrecci cruciali sui quali la magistratura cerca verità. Tutto questo non è affatto avvenuto e così Francesco Schiavone torna al regime d’isolamento. Basterà questo per un vero ripensamento? Vedremo presto. Magari prima che una malattia incurabile di cui è affetto lo porti via senza nulla sapere. Nel frattempo vi proponiamo la riflessione sul falso pentimento di Francesco Schiavone che ne ha fatto Roberto Saviano…