Mafie al nord, ecco l’analisi di Giovanni Melillo…


Giovanni Melillo e Nicola Gratteri

Nella migrazione da Sud a Nord Italia i gruppi mafiosi hanno reinventato la presenza su un territorio del tutto diverso. Molto più tranquillo rispetto al Sud Italia e tale da consentire vere e proprie cabine di regia. Non a caso sul tema Federico Mango ci va diretto. “Ormai – replica Melillo – le mafie hanno trasferito l’arte dei loro centri decisionali al Nord dal Sud? «Se parliamo di ’ndrangheta, le articolazioni centro-settentrionali sono dotate di larga autonomia, soprattutto nella ricerca di nuovi affari e di nuove partnership, ma conservano pur sempre legami profondi con le case madri radicate in Calabria, cui spetta l’ultima parola sulle questioni strategiche. Un modello di governance tanto flessibile quanto solido ed efficiente. Ma, ripeto, la logica degli affari permea ogni decisione e questo spiega anche la progressiva integrazione di strutture mafiose eterogenee e delle reti d’impresa che ne costituiscono diretta espressione. Se si tratta di importare e poi distribuire, ad esempio, gasolio e benzina, governando al tempo stesso la relativa gigantesca rete di evasione dell’Iva e delle accise, ’ndrangheta, mafia e camorra sanno lavorare gomito a gomito, abbandonando le rigide distinzioni originarie». Le mafie si sono infiltrate nel Pnrr dice Melillo. «Se abbandonassimo la logica banalizzante del rischio di “infiltrazione” delle mafie nell’economia sarebbe più facile riconoscere una realtà che vede le imprese di mafia agire stabilmente insieme alle imprese che mafiose non sono, condividendo affari e servizi illegali. Potremmo così più chiaramente valutare la gravità del rischio, terribile per la stessa credibilità internazionale dell’Italia, che si diffonda nell’opinione pubblica europea la percezione che risorse provenienti in buona parte da tasse pagate da cittadini e imprese di altri Paesi finiscano nelle tasche delle nostre mafie e nei mille rivoli della corruzione». Mafie che hanno permeato altri settori non da meno. Tanto che, dice Melillo, «non vi è settore che possa ritenersi al riparo del rischio di condizionamento mafioso. Persino le società di calcio, anche nel Nord Italia ed anche a livello professionistico, costituiscono ambite vie di ingresso e legittimazione sociale ed affaristica di figure e interessi mafiosi. Anche in questo campo è più facile far finta di non vedere».

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